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Lug 20, 2008 - tricot    1 Comment

LA LANA NEL CUORE E UN…

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Cervello di lana

pubblicato: venerdì 02 maggio 2008 da pippawilson in: Maglia&Crochet

http://www.sarahillenberger.comL’artista tedesca Sarah Illenberger, contrariamente a noi semplici amanti della maglia, quando guarda un gomitolo di soffice mohair non vede il golfino che porterà la prossima stagione o il cappellino trendy da indossare in inverno, no, lei ci vede un cervello peloso, un cuore pulsante o addirittura un intestino.

Questa giovane designer, stylist, art director o più semplicemente questa originale creativa dimostra piuttosto bene che con un paio di ferri e un gomitolo ognuno ci può fare quello che vuole, e chi lo ha detto che un cardigan è più interessante di un cuore?

Lug 17, 2008 - tricot    Commenti disabilitati su FIDO dog

FIDO dog

Golfino di pelo di cane, le frontiere del riciclaggio

golfini di lana canina

Quando spazzolate un cane vi restano dei peli di cui non sapete che cosa fare? Una signora di Salisburgo la fila e poi ne ricava oggetti di lana. Monika Stockinger ha iniziato la sua singolare attività di riciclaggio utilizzando la materia prima che ricavava dai cani del suo allevamento.

Per lavare e filare la lana di cane chiede qualche soldo, visto che ora è pensionata e usa questa attività per arrotondare le entrate. Il prodotto costa 66 Euro al chilo e può essere ottenuto solo miscelando la peluria più fine e morbida a normale lana di pecora. I peli che vi avanzano dalla tosatura primaverile di Fido non sono adatti ad essere filati e lavorati a maglia.

Nella sezione Hundewolle (lana canina) del suo sito potete vedere calze, maglioni e cappellini di sua produzione. Un golfino, tanto per dare una misura di paragone, pesa mezzo chilo circa.

Lug 8, 2008 - tricot    8 Comments

collana ad anello

PUNTI IMPIEGATI maglia rasata rovescio ***DIFFICOLTA’ facile*** LAVORATO CON ferri n. 3***

 

Anello dopo anello ecco che prendono forma le collane a maglia rasata rovescio, gli accessori fra i più “cool” della spiaggia; a voi scegliere fra quella in tinta unita o multicolor.

uno dei tanti articoli sul knit cafè di Imola

1f307c08571e2ae3860538e056b52189.jpg13 febbraio 2008 

Adesso va di moda fare la calza al bar

Serate organizzate dal club «Magie di maglia». All’enoteca «Le magie di Bacco» di Imola appuntamenti periodici dedicati alle appassionate di ferri e gomitoli. Molte le giovani, ancora pochi gli uomini. La riscoperta di un hobby dagli effetti terapeutici.
Imola. Un dritto e un rovescio, tra un sorso di vino, appetitosi stuzzichini e quattro chiacchiere in compagnia. E’ il knit cafè, la moda del momento, che riunisce le appassionate di maglia non attorno al caminetto di casa, ma al bar. Anche a Imola l’insolita tendenza, che in America sta dilagando pure tra i divi di Hollywood, sta prendendo piede per iniziativa del club Magie di maglia, nato attorno al negozio I fili di Dora e in collaborazione con l’enoteca-ristorante Le magie di Bacco.
Appuntamenti periodici dedicati al piacere di incontrarsi e di condividere in pubblico la passione per ferri e gomitoli. A far tintinnare i loro strumenti di lavoro, sedute attorno al tavolo, poche nonne e molte ragazze, a smentire il luogo comune in base al quale «fare la calzetta» sia un passatempo solo per attempate signore. «Al momento  ha 12 anni la più giovane partecipante al nostro club, nato nell’ottobre scorso e che conta già circa 60 iscritti». Vanessa, questo il suo nome, infila con calma e attenzione i punti sui ferri. Ha cominciato a lavorare a maglia da pochi mesi «per divertimento», spiega timida, seguendo l’esempio della nonna Liliana, che le siede accanto. «E’ stata una sua decisione – conferma la nonna – e ha imparato subito i punti basilari».
Vanessa ha già fatto due sciarpe, contagiando anche la sua migliore amica, Marica. «Non so ancora cosa sarà – risponde a chi le chiede cosa sta realizzando con quella lana candida –. Lo faccio per passare il tempo». Per tutte le protagoniste del knit cafè fare a maglia è una vera e propria terapia. Riduce lo stress, dà soddisfazione, aumenta l’autostima, è un potente antidepressivo. «Per me è una necessità fisica – racconta Laura di Lugo, 48 anni, di professione ceramista –. Sono molto creativa e mi piacciono tutte le attività manuali, dall’uncinetto al découpage. Quando faccio una maglia, penso già ai prossimi tre lavori da realizzare. E alla fine, ho anche il coraggio di indossare quello che invento. La maglia mi ha anche aiutato a superare momenti difficili, dopo la morte di mia mamma. Quando lavoro, tengo impegnata la mente sul progetto». Per Stefania, che alterna la maglia ai turni in ceramica e al ménage familiare «è una terapia che rilassa, un modo per uscire dalla routine». Suo figlio Alessandro, di 8 anni, siede accanto a lei e si cimenta con i sui primi punti. «Ogni tanto faccio maglie anche per le mie colleghe – prosegue Stefania, sferruzzando veloce –. Mi chiedono i modelli visti sui giornali. Una volta ha voluto provare anche mio marito, che pensava fosse semplicissimo, ma dopo due minuti ha rinunciato».
Cristina, 35 anni, fa l’impiegata. Mentre lavora alla manica del pullover per suo figlio, scambia quattro chiacchiere con Michela, 25 anni, studentessa in dolce attesa. A maggio nascerà la sua bimba e nel frattempo le sta preparando una copertina grigio-rosa. Per loro, tutto è cominciato da uno dei corsi organizzati da Lorena e da lì hanno continuato a frequentare il negozio. «Il knit cafè è una bella iniziativa – concordano –. E’ un pretesto piacevole per uscire e fare a maglia, visto che a casa non c’è mai tempo». Cristina, pendolare, si porta i ferri anche in treno, che prende ogni mattina alle 6.56. «E’ un ottimo sistema per svegliarmi – assicura – e un modo per socializzare. Spesso infatti la gente mi chiede informazioni, incuriosita». Fare a maglia facilita anche l’integrazione, come nel caso di Livia, di origine romena, che ha conosciuto Lorena partecipando alla realizzazione della sciarpa più lunga d’Italia, appassionandosi di nuovo a un’attività per anni lasciata da parte e conoscendo nuove amiche. Del gruppo fa parte anche Serena, 25 anni, impiegata part time, «iscritta per scherzo» a un corso di maglia e già in grado di insegnare a sua volta quello che ha imparato alle amiche Silvia e Ursula. «In questi ultimi anni c’è stata una riscoperta della maglia – aggiunge Roselia Irti, già insegnante di inglese, scrittrice e ora impegnata come maestra nei corsi organizzati da Lorena –. Mi fa molto piacere vedere le giovani di oggi, figlie di una generazione di ex sessantottine che a volte non sanno nemmeno usare ago e filo, riavvicinarsi a questa attività che dà il piacere di produrre qualcosa di bello e utile per sé e per gli altri».
La passione per la maglia corre anche sul filo del web. A tenere aggiornato il blog facendo spesso le ore piccole davanti al computer, è Cristina , 28 anni, impiegata. «Dalla fine di ottobre abbiamo avuto oltre 4.800 contatti – racconta con entusiasmo –. Ci scrivono da tutta Italia per chiedere informazioni sui nostri modelli e su come avviare attività analoghe dalle loro parti. Mi è arrivata una e-mail da un ragazzo di Torino interessato a diventare socio del club e a ricevere il corso di maglia in dvd che mandiamo a chi si iscrive».
La maglia, infatti, non è più affare di sole donne. In Inghilterra e in America sempre più uomini ricamano e lavorano coi ferri. Già nel 2001 Lorena  aveva lanciato il progetto Se sferruzzo non guido, in collaborazione con il pub imolese Porteño, riuscendo a coinvolgere un piccolo gruppo di uomini. Il tabù è però duro da scalfire, anche se non mancano le eccezioni. Marco, 28 anni, impiegato, non ha nessun problema a imbracciare i ferri. «La passione mi deve ancora venire – ammette scherzando –, ma è sempre meglio saper fare di tutto. Metti che la mamma mi cacci di casa e mi serva una coperta per dormire…».

Articolo tratto da “Sabato sera” di venerdì 8 febbraio 2008

Lorena Mirandola

*LA REPUBBLICA PARLA DI NOI !

Dopo il bestseller è in arrivo anche il film. A fare di noi delle sferruzzatrici felici ma soprattutto trendy, molto alla moda, giovani, creative, cariche di ormoni. Altro che nonnine sulla sedia a dondolo, sole davanti al camino a fare la calza. Non c’ è malinconia, non c’ è marginalità, non c’ è rassegnazione o rinuncia nel lavorare a maglia, ma tutto il contrario. Ce lo dicono dagli Stati Uniti: knitting is cool! Per le donne ma anche per gli uomini. Esce proprio in questi giorni anche in Italia Le amiche del venerdì sera, il romanzo di Kate Jacobs che ha scalato le classifiche americane. Attorno ai ferri da calza, in un negozietto nel cuore di New York, convergono donne in carriera e severe femministe, signore mature e teenagers intraprendenti. Le lezioni su schemi, aghi da lana, uncinetto lasciano presto spazio a scambi di confidenze e segreti, ad happening collettivi, a lacrime & risate: e quelle che erano semplici clienti si trasformano in vere amiche, unite da un legame che saprà resistere anche ai rovesci, non della maglia ma della vita. Ecco radiografato un tipico knit cafè. Così avvincente, per le storie che vi si intrecciano, che Julia Roberts si è affrettata a comprare i diritti del libro e lo sta trasformando in un film, da lei prodotto e interpretato insieme a Julianne Moore e Winona Ryder: uscirà entro l’ anno. Il lavoro a maglia è stato sdoganato proprio dalle star di Hollywood, da anni entusiaste del loro hobby. Dalla stessa Julia Roberts e da Cameron Diaz, da Sharon Stone e da Sarah Jessica Parker, che si portava dietro ferri e gomitoli anche sul set di Sex and the city. E ancora: Uma Thurman sferruzza fra i platani di Central Park; Catherina Zeta Jones ha sfornato poncho per tutta la famiglia; Daryl Hannah dichiara che «lavorare a maglia è come stare sul lettino dello psicoanalista», Hilary Swank ne loda «l’ effetto relax che rimpiazza lo yoga». Un passatempo che coinvolge, a sorpresa, sempre più uomini, e del tipo non certo effeminato, a giudicare dal loro alfiere, il gladiatore Russell Crowe: «è roba da uomini», si è difeso. Sir Colin Davies, direttore d’ orchestra, si distrae da Sibelius, Mozart e Brahms «lavorando molto a maglia», come ha confidato lui stesso. Dunque fare la calza (che poi non è quasi mai una calza) rilassa, aiuta a smaltire lo stress, favorisce la socializzazione e la libera chiacchiera. è un hobby da praticare in compagnia. Negli Stati Uniti proliferano i circoli «Stich ‘n Bitch», dove gruppi di signore si scambiano segreti tecnici ma soprattutto pettegolezzi. A fondare questi club è stata Debbie Stoller, femminista di terza generazione e autrice di un importante manuale pieno di virtuosismi. Ma il primo bar-da-calza è nato a Los Angeles, in un indirizzo molto elegante, Melrose Avenue, ad opera di un’ affascinante donna in carriera, un’ alta dirigente della Cbs esasperata da ritmi di lavoro troppo frenetici. Quella del gomitolo è diventata una mania, con centinaia di siti specializzati e migliaia di blog a tema. Persino il patinatissimo Vogue ha istituito un trimestrale, Vogue Knitting, dedicato esclusivamente alla maglia, sul cui sito si trovano elaboratissimi schemi da scaricare. Time ha ribattezzato il fenomeno “Knitting age”. Si tenta di dare una verniciatura di glamour a un’ attività che, soprattutto in Italia, può ancora essere percepita come un lavoro di ripiego, imposto in passato dalla società patriarcale. E invece no. E invece è un hobby creativo. Daniela Santanchè giura che è «un metodo infallibile per rilassarsi, un modo per liberare la mente» e ringrazia nonna Fiorenza che le ha insegnato i rudimenti tecnici. Donne, e anche ragazze, che non sono in grado di rammendare un calzino (nessuno rammenda più i calzini) o di attaccare un bottone si scoprano entusiaste del lavoro a maglia, o meglio del knitting, che suona molto meno polveroso. Anche da noi, a partire dall’ anno scorso, si celebra la Giornata Mondiale della Maglia in Pubblico. Ferri esibiti alla luce del sole e non più nascosti nei tinelli. Ad Imola una fantasiosa negoziante, Lorena Minardi, ha coinvolto un centinaio di donne nell’ impresa di creare la sciarpa più lunga d’ Italia: mezzo chilometro, srotolato per le vie cittadine. La stessa signora ha tenuto un corso, nel quadro di una campagna per limitare le stragi del sabato sera, frequentato tutto da uomini, nel bar accanto alla sua maglieria giusto all’ ora dell’ aperitivo. Titolo del seminario: «Se sferruzzo non guido». Dai microfoni di Radio Deejay La Pina ha lanciato un appello: «Uniamo le pezze per il tepore di tutti!». Ha assemblato migliaia di quadratini di maglia e ha realizzato con gli studenti del Naba (Nuova Accademia di Belle Arti) un «family dress» gigante, dove c’ è posto per tredici persone. La Triennale sta preparando per il febbraio 2009 una mostra sulla cultura del filo e dell’ intreccio. Quanto ai knit cafè ormai non sono più una curiosità. Uno dei più originali è a Verona, dove nella casa di Giulietta si insegnano i punti Aran, simbolo dell’ amore fedele. A Roma fra le luci diffuse del nuovissimo Punto G ci si incontra per sferruzzare sorseggiando tisana. A Milano nello store di Vivienne Westwood in corso Como. In Trentino all’ hotel Krone di Pin; a Merate il martedì sera nella libreria la Cicala ascoltando racconti letti da attori esordienti; a Firenze negli atelier della moda, da Essère per esempio; a Palermo il locale giusto è il ristorante di cucina creativa Volo, al momento dell’ happy hour, il mercoledì. Le tricoteuses compulsive possono farlo anche all’ aeroporto, ma con ferri da calza in bambù così da non incappare nel metal detector. O possono farlo in treno: un apposito corso di maglia si tiene o il mercoledì o il giovedì sul tratto Firenze-Carrara. Seminari vengono organizzati a Milano (Triennale Bovisa), ad Alessandria (da McDonald’ s), a Firenze (Melbrook Store), a Torino (La compagnia del cotone) e in molte altre città. Trento offre uno speciale weekend-benessere a maglia. C’ è anche il charity knitting: quello di “Tricoteuses sans frontières”, che devolvono i loro incassi ai medici impegnati in prima linea. E c’ è il “Knittivism”: ossia lavorare a maglia per scopi politici, l’ attivismo con i ferri da calza: un esempio per tutti il carrarmato rivestito con un patchwork di lana rosa piazzato davanti al Centro d’ arte contemporanea di Copenaghen per protesta contro la partecipazione della Danimarca alla guerra in Irak. Knitta Please invece è una forma di arte da strada nata a Houston: donne di ogni età e professione di notte rivestono di lavori a maglia lampioni, antenne, cartelli, monumenti, anche parti della Grande Muraglia. – LAURA LAURENZI