Lug 1, 2008 - volontariato    1 Comment

fare del bene fa bene

 

Puzzle all Together


PAT

28 giugno 2008


Ecco altre tessere per il PAT, arrivano da Laura, e quanto ha lavorato, non una, non due,non tre… ma cinque bellissimi cuori!!!

Giu 26, 2008 - bricolage    1 Comment

ARRIVA IL CALDO…

  Arriva il caldo e si mangiano gelati,ora c’è un motivo in più per mangiarli,si usano gli stecchini per farci un paralume che useremo nelle buie notti invernali,in qualche modo dovremo darci da fare no?Quindi sotto con i moretti!!!

Giu 24, 2008 - bricolage    5 Comments

***

Come realizzare una borsa Kelly di Hermes con la carta

kelly hermes carta paper toys

Hermes

   Image Hosted by JPEGr

18:58 ScrittoSe anche voi sognavate di ricevere una borsa Kelly di Hermes in coccodrillo in regalo , ma nessuno ha deciso di sacrificare la sua carta di credito (e un alligatore) per la vostra gioia, sappiate che non è detta l’ultima parola. Da oggi, tutte le fashioniste con il conto in banca in profondo rosso, che non possono permettersi nemmeno di entrare in una boutique di Hermes, possono costruirsi da sole la propria borsa Kelly usando la carta.
Su Kelly Bag Papercrafts trovate il template da scaricare per realizzare la vostra Kelly di Hermes. per queste borse (di carta) super-esclusive, sarà possibile effettuare il download . Meglio approfittarne subito oppure passerete per quelle che non si possono permettere nemmeno una Kelly di Hermes di carta.

Image Hosted by JPEGr

Giu 23, 2008 - bricolage    12 Comments

REALIZZATE UN LAMPADARIO CON I BICCHIERI DELLO YOGURT

 

pubblicato da francesca camerino 

Lampadario di plastica fai-da-te E’ colorato, semplice da realizzare, economico e per costruirlo si può utilizzare del materiale riciclato. E’ un bellissimo lampadario da soffitto. La scelta é per il rosso, il giallo e l’arancione ma anche recipienti di altri colori possono fare al caso vostro. Pensate ad abbinarlo all’arredamento della camera nella quale sarà appeso.

In questo caso, i 70 bicchieri sono stati legati tra loro con del fil di ferro e legati all’anello del paralume. Il calore non fonde la plastica perchè é stata usata una lampadina a basso consumo, che non scalda. Inoltre la distanza tra la copertura di bicchierini e la lampadina 845ef1c6f02d035b85a43930d87b85a8.jpgé molta. Buon lavoro

uno dei tanti articoli sul knit cafè di Imola

1f307c08571e2ae3860538e056b52189.jpg13 febbraio 2008 

Adesso va di moda fare la calza al bar

Serate organizzate dal club «Magie di maglia». All’enoteca «Le magie di Bacco» di Imola appuntamenti periodici dedicati alle appassionate di ferri e gomitoli. Molte le giovani, ancora pochi gli uomini. La riscoperta di un hobby dagli effetti terapeutici.
Imola. Un dritto e un rovescio, tra un sorso di vino, appetitosi stuzzichini e quattro chiacchiere in compagnia. E’ il knit cafè, la moda del momento, che riunisce le appassionate di maglia non attorno al caminetto di casa, ma al bar. Anche a Imola l’insolita tendenza, che in America sta dilagando pure tra i divi di Hollywood, sta prendendo piede per iniziativa del club Magie di maglia, nato attorno al negozio I fili di Dora e in collaborazione con l’enoteca-ristorante Le magie di Bacco.
Appuntamenti periodici dedicati al piacere di incontrarsi e di condividere in pubblico la passione per ferri e gomitoli. A far tintinnare i loro strumenti di lavoro, sedute attorno al tavolo, poche nonne e molte ragazze, a smentire il luogo comune in base al quale «fare la calzetta» sia un passatempo solo per attempate signore. «Al momento  ha 12 anni la più giovane partecipante al nostro club, nato nell’ottobre scorso e che conta già circa 60 iscritti». Vanessa, questo il suo nome, infila con calma e attenzione i punti sui ferri. Ha cominciato a lavorare a maglia da pochi mesi «per divertimento», spiega timida, seguendo l’esempio della nonna Liliana, che le siede accanto. «E’ stata una sua decisione – conferma la nonna – e ha imparato subito i punti basilari».
Vanessa ha già fatto due sciarpe, contagiando anche la sua migliore amica, Marica. «Non so ancora cosa sarà – risponde a chi le chiede cosa sta realizzando con quella lana candida –. Lo faccio per passare il tempo». Per tutte le protagoniste del knit cafè fare a maglia è una vera e propria terapia. Riduce lo stress, dà soddisfazione, aumenta l’autostima, è un potente antidepressivo. «Per me è una necessità fisica – racconta Laura di Lugo, 48 anni, di professione ceramista –. Sono molto creativa e mi piacciono tutte le attività manuali, dall’uncinetto al découpage. Quando faccio una maglia, penso già ai prossimi tre lavori da realizzare. E alla fine, ho anche il coraggio di indossare quello che invento. La maglia mi ha anche aiutato a superare momenti difficili, dopo la morte di mia mamma. Quando lavoro, tengo impegnata la mente sul progetto». Per Stefania, che alterna la maglia ai turni in ceramica e al ménage familiare «è una terapia che rilassa, un modo per uscire dalla routine». Suo figlio Alessandro, di 8 anni, siede accanto a lei e si cimenta con i sui primi punti. «Ogni tanto faccio maglie anche per le mie colleghe – prosegue Stefania, sferruzzando veloce –. Mi chiedono i modelli visti sui giornali. Una volta ha voluto provare anche mio marito, che pensava fosse semplicissimo, ma dopo due minuti ha rinunciato».
Cristina, 35 anni, fa l’impiegata. Mentre lavora alla manica del pullover per suo figlio, scambia quattro chiacchiere con Michela, 25 anni, studentessa in dolce attesa. A maggio nascerà la sua bimba e nel frattempo le sta preparando una copertina grigio-rosa. Per loro, tutto è cominciato da uno dei corsi organizzati da Lorena e da lì hanno continuato a frequentare il negozio. «Il knit cafè è una bella iniziativa – concordano –. E’ un pretesto piacevole per uscire e fare a maglia, visto che a casa non c’è mai tempo». Cristina, pendolare, si porta i ferri anche in treno, che prende ogni mattina alle 6.56. «E’ un ottimo sistema per svegliarmi – assicura – e un modo per socializzare. Spesso infatti la gente mi chiede informazioni, incuriosita». Fare a maglia facilita anche l’integrazione, come nel caso di Livia, di origine romena, che ha conosciuto Lorena partecipando alla realizzazione della sciarpa più lunga d’Italia, appassionandosi di nuovo a un’attività per anni lasciata da parte e conoscendo nuove amiche. Del gruppo fa parte anche Serena, 25 anni, impiegata part time, «iscritta per scherzo» a un corso di maglia e già in grado di insegnare a sua volta quello che ha imparato alle amiche Silvia e Ursula. «In questi ultimi anni c’è stata una riscoperta della maglia – aggiunge Roselia Irti, già insegnante di inglese, scrittrice e ora impegnata come maestra nei corsi organizzati da Lorena –. Mi fa molto piacere vedere le giovani di oggi, figlie di una generazione di ex sessantottine che a volte non sanno nemmeno usare ago e filo, riavvicinarsi a questa attività che dà il piacere di produrre qualcosa di bello e utile per sé e per gli altri».
La passione per la maglia corre anche sul filo del web. A tenere aggiornato il blog facendo spesso le ore piccole davanti al computer, è Cristina , 28 anni, impiegata. «Dalla fine di ottobre abbiamo avuto oltre 4.800 contatti – racconta con entusiasmo –. Ci scrivono da tutta Italia per chiedere informazioni sui nostri modelli e su come avviare attività analoghe dalle loro parti. Mi è arrivata una e-mail da un ragazzo di Torino interessato a diventare socio del club e a ricevere il corso di maglia in dvd che mandiamo a chi si iscrive».
La maglia, infatti, non è più affare di sole donne. In Inghilterra e in America sempre più uomini ricamano e lavorano coi ferri. Già nel 2001 Lorena  aveva lanciato il progetto Se sferruzzo non guido, in collaborazione con il pub imolese Porteño, riuscendo a coinvolgere un piccolo gruppo di uomini. Il tabù è però duro da scalfire, anche se non mancano le eccezioni. Marco, 28 anni, impiegato, non ha nessun problema a imbracciare i ferri. «La passione mi deve ancora venire – ammette scherzando –, ma è sempre meglio saper fare di tutto. Metti che la mamma mi cacci di casa e mi serva una coperta per dormire…».

Articolo tratto da “Sabato sera” di venerdì 8 febbraio 2008

Lorena Mirandola

*LA REPUBBLICA PARLA DI NOI !

Dopo il bestseller è in arrivo anche il film. A fare di noi delle sferruzzatrici felici ma soprattutto trendy, molto alla moda, giovani, creative, cariche di ormoni. Altro che nonnine sulla sedia a dondolo, sole davanti al camino a fare la calza. Non c’ è malinconia, non c’ è marginalità, non c’ è rassegnazione o rinuncia nel lavorare a maglia, ma tutto il contrario. Ce lo dicono dagli Stati Uniti: knitting is cool! Per le donne ma anche per gli uomini. Esce proprio in questi giorni anche in Italia Le amiche del venerdì sera, il romanzo di Kate Jacobs che ha scalato le classifiche americane. Attorno ai ferri da calza, in un negozietto nel cuore di New York, convergono donne in carriera e severe femministe, signore mature e teenagers intraprendenti. Le lezioni su schemi, aghi da lana, uncinetto lasciano presto spazio a scambi di confidenze e segreti, ad happening collettivi, a lacrime & risate: e quelle che erano semplici clienti si trasformano in vere amiche, unite da un legame che saprà resistere anche ai rovesci, non della maglia ma della vita. Ecco radiografato un tipico knit cafè. Così avvincente, per le storie che vi si intrecciano, che Julia Roberts si è affrettata a comprare i diritti del libro e lo sta trasformando in un film, da lei prodotto e interpretato insieme a Julianne Moore e Winona Ryder: uscirà entro l’ anno. Il lavoro a maglia è stato sdoganato proprio dalle star di Hollywood, da anni entusiaste del loro hobby. Dalla stessa Julia Roberts e da Cameron Diaz, da Sharon Stone e da Sarah Jessica Parker, che si portava dietro ferri e gomitoli anche sul set di Sex and the city. E ancora: Uma Thurman sferruzza fra i platani di Central Park; Catherina Zeta Jones ha sfornato poncho per tutta la famiglia; Daryl Hannah dichiara che «lavorare a maglia è come stare sul lettino dello psicoanalista», Hilary Swank ne loda «l’ effetto relax che rimpiazza lo yoga». Un passatempo che coinvolge, a sorpresa, sempre più uomini, e del tipo non certo effeminato, a giudicare dal loro alfiere, il gladiatore Russell Crowe: «è roba da uomini», si è difeso. Sir Colin Davies, direttore d’ orchestra, si distrae da Sibelius, Mozart e Brahms «lavorando molto a maglia», come ha confidato lui stesso. Dunque fare la calza (che poi non è quasi mai una calza) rilassa, aiuta a smaltire lo stress, favorisce la socializzazione e la libera chiacchiera. è un hobby da praticare in compagnia. Negli Stati Uniti proliferano i circoli «Stich ‘n Bitch», dove gruppi di signore si scambiano segreti tecnici ma soprattutto pettegolezzi. A fondare questi club è stata Debbie Stoller, femminista di terza generazione e autrice di un importante manuale pieno di virtuosismi. Ma il primo bar-da-calza è nato a Los Angeles, in un indirizzo molto elegante, Melrose Avenue, ad opera di un’ affascinante donna in carriera, un’ alta dirigente della Cbs esasperata da ritmi di lavoro troppo frenetici. Quella del gomitolo è diventata una mania, con centinaia di siti specializzati e migliaia di blog a tema. Persino il patinatissimo Vogue ha istituito un trimestrale, Vogue Knitting, dedicato esclusivamente alla maglia, sul cui sito si trovano elaboratissimi schemi da scaricare. Time ha ribattezzato il fenomeno “Knitting age”. Si tenta di dare una verniciatura di glamour a un’ attività che, soprattutto in Italia, può ancora essere percepita come un lavoro di ripiego, imposto in passato dalla società patriarcale. E invece no. E invece è un hobby creativo. Daniela Santanchè giura che è «un metodo infallibile per rilassarsi, un modo per liberare la mente» e ringrazia nonna Fiorenza che le ha insegnato i rudimenti tecnici. Donne, e anche ragazze, che non sono in grado di rammendare un calzino (nessuno rammenda più i calzini) o di attaccare un bottone si scoprano entusiaste del lavoro a maglia, o meglio del knitting, che suona molto meno polveroso. Anche da noi, a partire dall’ anno scorso, si celebra la Giornata Mondiale della Maglia in Pubblico. Ferri esibiti alla luce del sole e non più nascosti nei tinelli. Ad Imola una fantasiosa negoziante, Lorena Minardi, ha coinvolto un centinaio di donne nell’ impresa di creare la sciarpa più lunga d’ Italia: mezzo chilometro, srotolato per le vie cittadine. La stessa signora ha tenuto un corso, nel quadro di una campagna per limitare le stragi del sabato sera, frequentato tutto da uomini, nel bar accanto alla sua maglieria giusto all’ ora dell’ aperitivo. Titolo del seminario: «Se sferruzzo non guido». Dai microfoni di Radio Deejay La Pina ha lanciato un appello: «Uniamo le pezze per il tepore di tutti!». Ha assemblato migliaia di quadratini di maglia e ha realizzato con gli studenti del Naba (Nuova Accademia di Belle Arti) un «family dress» gigante, dove c’ è posto per tredici persone. La Triennale sta preparando per il febbraio 2009 una mostra sulla cultura del filo e dell’ intreccio. Quanto ai knit cafè ormai non sono più una curiosità. Uno dei più originali è a Verona, dove nella casa di Giulietta si insegnano i punti Aran, simbolo dell’ amore fedele. A Roma fra le luci diffuse del nuovissimo Punto G ci si incontra per sferruzzare sorseggiando tisana. A Milano nello store di Vivienne Westwood in corso Como. In Trentino all’ hotel Krone di Pin; a Merate il martedì sera nella libreria la Cicala ascoltando racconti letti da attori esordienti; a Firenze negli atelier della moda, da Essère per esempio; a Palermo il locale giusto è il ristorante di cucina creativa Volo, al momento dell’ happy hour, il mercoledì. Le tricoteuses compulsive possono farlo anche all’ aeroporto, ma con ferri da calza in bambù così da non incappare nel metal detector. O possono farlo in treno: un apposito corso di maglia si tiene o il mercoledì o il giovedì sul tratto Firenze-Carrara. Seminari vengono organizzati a Milano (Triennale Bovisa), ad Alessandria (da McDonald’ s), a Firenze (Melbrook Store), a Torino (La compagnia del cotone) e in molte altre città. Trento offre uno speciale weekend-benessere a maglia. C’ è anche il charity knitting: quello di “Tricoteuses sans frontières”, che devolvono i loro incassi ai medici impegnati in prima linea. E c’ è il “Knittivism”: ossia lavorare a maglia per scopi politici, l’ attivismo con i ferri da calza: un esempio per tutti il carrarmato rivestito con un patchwork di lana rosa piazzato davanti al Centro d’ arte contemporanea di Copenaghen per protesta contro la partecipazione della Danimarca alla guerra in Irak. Knitta Please invece è una forma di arte da strada nata a Houston: donne di ogni età e professione di notte rivestono di lavori a maglia lampioni, antenne, cartelli, monumenti, anche parti della Grande Muraglia. – LAURA LAURENZI
Giu 17, 2008 - bricolage    4 Comments

PIANTE SOTTO VETRO

bf68d9ae54ebc72c361ce728f229dbbf.jpg
Vere piante verdi, vive e in grado di crescere sottovetro.

Vediamo come si fa: occorre un vaso di vetro dalla imboccatura non troppo stretta e dalla base larga, sono adatti allo scopo le piccole damigiane, i vasi da conserva, le vaschette sferiche dei pesci rossi, i barattoli da cucina o quelli che un tempo si usavano nelle drogherie per conservare dolciumi, purché di vetro trasparente o verde chiaro, qualche manciata di ghiaia o di argilla espansa, qualche manciata di terriccio, alcune piantine (il loro numero dipende dalla grandezza del vaso), scelte fra le seguenti: dieffenbachia, ficus pumila, peperomia, saintpaulia, felci di ogni tipo, capelvenere, kalanchoe, muschio.

Se il vaso ha l’imboccatura tanto stretta da non permettere alla mano di entrarvi servono anche:

-un imbuto fatto con un cartoncino,
-un bastoncino appuntito,
-un grosso tappo di sughero,
-un bastoncino con un anello di ferro ad una estremità.

Per preparare le tue piante in bottiglia procedi in questi modo:
Aiutandoti con l’imbuto di cartone fai scivolare la ghiaia sul fondo della bottiglia. Adesso versa uno strato di terriccio sopra a quello di ghiaia.
Infila il tappo di sughero sulla punta del bastoncino e con esso livella e pressa leggermente il terriccio. Togli il sughero dal bastoncino e con la punta del bastoncino stesso scava nel terriccio tante buchette quante sono le piante che devi sistemare. Adesso è il momento più delicato: quello di interrare le piante.

Sistema una piantina sull’anello dell’altro bastoncino, introducilo nella bottiglia e con pazienza colloca la pianta in una delle buchette appena preparate. Procedi così per tutte le piantine, poi metti il tappo di sughero sul bastoncino appuntito ed usalo per fissare bene le piante e pressare nuovamente il terreno. Infine innaffia delicatamente in questo modo: introduci il bastoncino nella bottiglia, appoggiandolo nella zona che vuoi bagnare e fai scorrere lentamente un filo di acqua lungo il bastoncino stesso.

Le piante in bottiglia hanno bisogno di pochissime cure:

-qualche goccia d’acqua ogni tanto, un po’ di pulizia per asportare le eventuali foglie secche.

Se la tua bottiglia ha il tappo puoi chiuderla: la aprirai solamente quando le sue pareti si appannano, in modo da far uscire l’acqua in eccesso. La cosa a cui devi fare più attenzione è il luogo in cui intendi sistemarle: come tutte le piante, esse hanno bisogno di luce ma devi assolutamente evitare che vengano colpite dai raggi diretti del sole.

Giu 15, 2008 - bricolage    2 Comments

SONO UNA BORSA,NON SONO UNO STRACCIO!!!

che ne dite di farcela noi in casa con le nostre mani?ad13a8896d1413f7bd99607ed5d2c451.jpg

 

Cuoricini verdi sul panno giallo morbido e trapuntato. Capiente, pratica e perfetta per sdramatizzare anche i look più rigorosi. A soli € 8!

Dai lavandini… al sotto braccio bon ton di Milano. Questione di stracci e grande genialata di Craig Bonera, erede di una storica pelletteria milanese. All’insegna del suo mantra “made on the third planet from the sun” Craig ha lasciato l’amor cortese per le borse classiche per dedicarsi alle prime bag hand made realizzate con mociovileda 100%. “Viaggio molto e ogni meta mi regala un’idea – ci racconta Craig – quella delle borse straccio è un dono di Londra e di mia sorella che usa una shopper fatta con stracci da cucina.” E le reazioni? “All’inizio le clienti storcevano il naso. Il prodotto finito ha avuto però un successo inaspettato e una continua richiesta di pezzi anche personalizzati! Tra uno straccio e l’altro s’intravede anche qualche stampa trés chic: ecco anche Audrey Hapburn formato trolley. “La valigia di Miss Hapburn è stata venduta dopo soli 15 minuti di vetrina. Warhol docet.
di D. Capozzo e O. Fontana